Che il Canyon de Chelly, un profondo reticolo di gole che incidono l'altopiano del Colorado, in Arizona, sia abitato da almeno il 2500 a.C., durante l'epoca arcaica della civiltà degli Anasazi, te lo testimonieranno, durante la tua esplorazione della Riserva Navajo, numerosi petroglifi ascrivibili a quella fase della civiltà amerinda. A un certo punto, però, ti imbatterai in un magnifico esempio di arte rupestre che potrebbe lasciarti interdetto. Non si tratta di incisioni, bensì di pitture. A determinare il tuo stupore saranno le figure rappresentate: uomini a cavallo che indossano cappelli e tabarri ricamati con croci, mentre impugnano fucili e sono seguiti dai cani. Si tratta di una chiara scena di guerra che presuppone la conoscenza di indumenti, strumenti e animali ignoti ai primitivi abitanti del Nord America. Tutto, però, ha una spiegazione. Infatti questi pittogrammi furono realizzati dai Navajo, insediatisi al Canyon de Chelly a partire dal 1700, per tramandare memoria di una tremenda azione punitiva che avevano subito dagli Spagnoli, stanchi delle continue razzie perpetrate dai Nativi con i quali, peraltro, avevano intrattenuto nei secoli precedenti proficue relazioni commerciali. Correva l'anno 1805 quando il tenente Antonio de Narbona penetrò nelle gole e uccise oltre 115 Navajo asserragliati nel Canyon del Muerto, nella cosiddetta "Massacre Cave", la grotta del massacro. In seguito dipinsero quegli attimi di terrore. Con la voglia di esorcizzarli per sempre.
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