L'importanza di Mount Palomar, l'osservatorio astronomico fondato nel 1928, poco distante da Los Angeles, da uno dei padri dell'astrofisica contemporanea, George Ellery Hale, e che per 50 anni ha detenuto il record di ospitare il più grande telescopio riflettore del mondo, non è limitata agli straordinari risultati scientifici che vi sono stati conseguiti. Infatti l'occhio della California ha ispirato l'omonimo romanzo del 1983 di Italo Calvino, il cui protagonista, l'introverso Signor Palomar, in cerca di un'armonia nel mondo dilaniato e stridente, è appunto sia un io che un occhio (I e eye, in inglese), "un pezzo di mondo che guarda un altro pezzo di mondo", inseguendo l' ossessione della completezza descrittiva con l’osservare le cose lontane come se fossero vicine e quelle vicine come se fossero lontane: un'onda, le costellazioni, il fischio del merlo, un chilo e mezzo di grasso d'oca, tutto il mondo senza linguaggio letto e rendicontato con minuzia, precisione, nel tentativo incolmabile di seguire l'apparire del reale. "Un libro sul silenzio e su quante parole possono nascere dal silenzio". Leggerlo a Mount Palomar ti farà avvertire ancora di più l'urgenza del romanzo, seppure questo libro travalichi i consueti schemi della narrativa: un bisogno di delimitazione, determinazione, secondo il percorso interminabile per cui "un uomo si mette in marcia per raggiungere, passo a passo, la saggezza. Non è ancora arrivato."
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