È vero che l'infanzia di Jung Chang, descritta nel suo best seller internazionale "Cigni selvatici", una lettura della storia cinese del 900 vista dalla prospettiva di tre donne, vale a dire l'autrice, la madre e la nonna, è intessuta di ricordi dominati dalle tinte cupe del regime maoista. Un sistema che controllava in modo capillare e ossessivo ogni aspetto della vita quotidiana e pianificava un indottrinamento che partiva dagli anni più teneri. Così leggendo le pagine appassionate e strazianti del romanzo, avrai un'immagine grigia e anonima di Chengdu, la metropoli del Sichuan dove la protagonista e io - narrante frequenta l'asilo. Probabilmente le sue impressioni di bambina sarebbero state diverse, ben più felici, se negli anni 50 fosse già stato inaugurato, poco fuori dalla città, il Chengdu Panda Base, un'area naturalistica e zoologica dedicata alla salvaguardia di uno dei simboli indiscussi, e più teneri, della Cina, vale a dire il panda gigante. Nel paesaggio ameno del Monte Futou, un morbido frondeggiare di boschi e bambù solcato da torrenti e laghetti alternati a roseti e parchi popolati da uccelli variopinti, ti imbatterai in questi animali che sembrano la quintessenza della dolcezza, placidi, pigri, giocherelloni e golosi. Si, anche "Cigni selvatici" sarebbe stato un po' meno triste di fronte a questo spettacolo!
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