Uno degli elementi distintivi delle township, i suburbi destinati ai non bianchi intorno alle metropoli sudafricane, era la loro oscurità. Spesso venivano chiamate "dark city", per la mancanza di illuminazione elettrica. Nonostante a Orlando West, inglobata nella più vasta area di Soweto, ci fossero i lampioni, Nelson Mandela racconta, nell'autobiografia "Lungo cammino verso la libertà", che in casa doveva usare il kerosene. Era il 1946, e si era trasferito in una nuova dimora insieme alla prima moglie Evelyn, conosciuta in occasione delle riunioni politiche a casa di Walter Sisulu, leader dell'African Nation Congress e sua guida spirituale. L'abitazione gli era stata concessa dallo stato per la nascita del loro primo figlio e lì la seconda moglie Winnie rimase durante tutto il periodo di prigionia del marito. L'atmosfera, in casa Mandela, si è mantenuta la stessa. Respirerai il clima di dignitosa povertà, sostenuta dagli ideali e dalla fiducia in un avvenire migliore, descritto nel libro. Il tetto in lamiera, il pavimento in cemento, uno stretto cucinino, il bagno sul retro. Da fuori l'edificio non si distingue dagli altri di Soweto e contribuisce, con la sua piccola mole cubica, a formarne il reticolo regolare, desolante. Memorabilia, foto, doni. Ciò che ti rimarrà nel cuore, però, è il candore di serena onestà e rettitudine morale che vi respirerai. Quello che al futuro Presidente e Premio Nobel veniva dall'ubuntu, l'etica della sua gente dal cuore immenso.
Questo sito utilizza cookie di terze parti; se vuoi saperne di più o negare il consenso all’utilizzo dei cookie clicca qui.
Puoi anche consulate la Privacy Policy
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque suo elemento acconsenti all’uso dei cookie.
PROSEGUI