Leggendo le pagine di "Z La città perduta" di David Grann, la ricostruzione storica romanzata della vita del mitico esploratore Percy Harrison Fawcett, gloria della Royal Geographic Society di Londra tra 800 e 900, e della sua ultima, misteriosa avventura in Amazzonia, capirai ben presto che l'immensa foresta, proprio per la sua sovrabbondanza di vita, è un ambiente ostile, un inferno nero-verde, dove la società umana deve rimanere elementare, spoglia, nomade. Eppure il grande ricercatore era convinto che l'intrico pluviale nascondesse i resti di una grandiosa civiltà. Forse l'idea che anche in Amazzonia potesse sorgere un solido sistema urbano gli veniva dallo spettacolo offerto da Manaus che, all'epoca, conosceva l'acme di splendore ed espansione. Infatti da quando, negli anni 80 del XIX° secolo, iniziò la produzione degli pneumatici per automobile, quelle remote furono percorse da una febbrile corsa al cosiddetto "oro negro", il caucciù. Ne derivò un'economia fiorente, soprattutto per i baroni, grandi possidenti di lotti e manodopera, che attrasse in Amazzonia migliaia di migranti che spesso morirono debilitati dal letale clima equatoriale. Noterai, a Manaus, lo sfarzo un po' kitsch e pacchiano con cui venne abbellita, al punto di farne un'insolita Parigi torrida, alla confluenza di Rio Negro e Rio delle Amazzoni. Il magnifico Teatro dell'Opera, maestoso edificio eclettico prefebbricato in Europa e rimontato marmo per marmo, ne è il simbolo abbagliante, sensuale.
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