Una pagina strappata da un romanzo di Nicolaj Gogol. Sopra vi era scritta una disperata richiesta di aiuto, vergata da qualcuno che rimasto solo, stanco e affamato, accampato dentro un bus della compagnia di linea di Fairbanks inghiottito dalla foresta fitta e inospitale dell’Outer Range, una dorsale minore del McKinley, la vetta più alta d’Alaska. Gli esploratori che lo trovarono scoprirono ben presto, all’interno del mezzo, il corpo esangue del suo autore. È questo l’incipit atroce di “Into the Wild”, il romanzo di Jon Krakauer che racconta con precisione di cronaca la fatale avventura del giovane Chris McCandless nella natura selvaggia del Nord, alla ricerca di un qualcosa, forse indefinibile, che la civiltà non era in grado di dargli, con tutti i suoi agi e le sue sicurezze. Quando ti inoltrerai lungo lo Stampede Trail, il percorso aperto negli anni 30 da alcuni minatori, capirai che l’eroica vicenda del brillante studente di Washington difficilmente avrebbe potuto conoscere epilogo diverso, senza mappe e strumenti: boschi impenetrabili di ontani e abeti, il corso impetuoso del fiume Teklanika, che discioglie ghiacci già quasi artici, solitudine immensa, silenzio sferzante. Per un’escursione nell’ambiente vergine dell’Alaska, lo Stampede ti farà rinascere. La natura, però, è insensibile e a tratti crudele. Sulle orme di Chris e del libro, circondato da un deserto lussureggiante, arriverai a porti delle domande fondamentali sul senso del destino umano sulla terra.
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