Se c'è un fiume che ha rappresentato una direttrice delle grandi tragedie del 900, quello è il Mekong. Il suo corso, torrentizio e fragoroso in Tibet, ampio e paziente tra le risaie d'Indocina, ha smaltito le distruzioni provocate dalla lotta feroce divampata tra le ideologie contrapposte nella Guerra Fredda sul campo di questa propaggine strategica d'Asia. Le sue acque limacciose si sono tinte spesso di rosso, per i magnifici tramonti, per il sangue versato, per la fede politica. Leggendo il "Canto della tempesta che verrà", romanzo dall'ariosità musicale dello scrittore Peter Fröberg Idling, ti troverai nell'anticamera di uno degli episodi più luttuosi della storia della Cambogia, il terribile regime dei Khmer rossi, guidato da Pol Pot, di cui il libro racconta i risvolti privati agli inizi della carriera rivoluzionaria, nell'estate 1955. Ad esempio le riunioni clandestine del Partito Comunista in un'abitazione non distante dalla confluenza tra Mekong e Tonlé Sap, una specie di fiume lago dichiarato Patrimonio dell'Unesco, diramazione intorno alla quale si sviluppa la capitale Phonm Penh. Una crociera lungo la sua spina dorsale idrica, quando cala la sera, ti farà ammirare Phonm Penh in tutto il suo incanto orientale che fonde in uno syline sfumato le forme delle pagode reali e buddhiste, i profili di età coloniale e gli edifici moderni. Il buio, piano piano, si accenderà di luci, mentre assaggerai una cena tradizionale cambogiana. Ti lascerai ogni tempesta alle spalle
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