Il soprannome di "Venezia del Messico" con cui, secondo un tipico gusto analogico ottocentesco, si è soliti chiamare il quartiere di Xochimilco, nel cuore della capitale federale, è forse riduttivo. Infatti la peculiarità di questo distretto metropolitano solcato da un reticolo verdeggiante di canali, che per la loro storia gli sono valsi l'inserimento nei Patrimoni dell'Unesco, non è solo di rappresentare un residuo acquatico dell'antico lago ormai disseccato su cui sorse il primitivo nucleo di Tenochtitlán. Come racconta Pino Cacucci ne "La polvere del Messico", Xochimilco è famosa da 800 anni per le sue colture floreali, da quando il primo signore della cittadella, Acatonalli, creò degli ingegnosi orti galleggianti, le "chinampas", ricavati in isole artificiali formate da armature di legno e fibre intrecciate che venivano riempite di fanghiglia e terriccio. Qui nacque un autentico Paradiso Terrestre, prodigo di frutta e ortaggi nell'intero corso dell'anno, frequentato da selvaggina abbondante. Ti troverai a planare dolcemente in un microcosmo irriguo, scrosciante, delicato, dagli accenti d'Indocina. Non è un caso che su queste rive, celebri in tutto il mondo per le rose che vi sbocciano, compresa la più piccola delle specie a noi note, sia stato stilato il primo erbario americano, da un xochimilca convertitosi alla cultura europea. Un incanto così dolce convinse Trockij a uscire per la gita che gli costò la conoscenza del suo sicario. Tra i profumi del Messico.
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