La "raza", osserva Pino Cacucci ne "La polvere del Messico", qui non è un concetto etnico o genetico, bensì la ricerca accorata di un'identità comune, spirituale, che tenga assieme tutte le stirpi e culture di un popolo variegato, distribuito su un territorio immenso. Il luogo in cui si intrecciano le fila di questa trama è "El Centro Historico" della capitale, annunciato dalla lapide di Tlatelolco, a memoria del massacro degli Aztechi, a loro volta subentrati con la violenza ad altre genti, da parte degli Spagnoli: "non fu sconfitta e non fu vittoria", ma la nascita del meticciato, l'alba di un'epoca. Non pensare che esplorare palmo a palmo il cosiddetto "primo quadro" di Città del Messico, il nucleo originario sorto sulle rovine di Tenochtitlàn, sarà una passeggiata: si parla infatti di quasi 700 isolati e 1500 palazzi di pregio architettonico, un dedalo di ombre porose come il "tezontle", di angoli erosi, di voci che si perdono nell'androne di un'abitazione coloniale, di sorprese imponenti. Un punto di partenza, però, è inevitabile, e non potrà che essere el Zocalo, l'immensa spianata centrale che, a vederla d'improvviso, ti darà la vertigine. Al lungo prospetto del Palazzo Nazionale, da cui ogni 16 settembre si alza il grido dell'indipendenza "Que viva México!" e che conserva gli affreschi di Diego Rivera dedicati alla storia nazionale, risponderà la maestosa facciata della Cattedrale, tra le chiese più grandi al mondo. Sotto c'è ancora il Templo Mayor di Moctezuma...
Questo sito utilizza cookie di terze parti; se vuoi saperne di più o negare il consenso all’utilizzo dei cookie clicca qui.
Puoi anche consulate la Privacy Policy
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque suo elemento acconsenti all’uso dei cookie.
PROSEGUI