"Qui la vita non vale niente, la si scommette e si rispetta chi l'ha vinta": questo è lo spirito, tratto dal verso di una ballata tradizionale, che respirerai nelle taverne della parte vecchia di Città del Messico dove Piero Cacucci è accompagnato dalla sua guida Don Venustiano. Una concezione dell'esistenza imbevuta di una disillusione veggente, sudata, magra, un fatalismo improntato al gusto dell'azzardo, a una saggezza pratica che si condensa nella ricerca di quello che i Greci chiamavano "kairos", il momento opportuno. "Agarrar la onda", cogliere la situazione, in primis le eventuali provocazioni degli altri avventori in preda ai vapori della tequila. Seguendo le pagine de "La polvere del Messico", ne avrai di locali pronti a soddisfare la curiosità di scoprire questo mondo pieno del profumo dei "taquito de carnitas" e dei piattini di "botanas", con il "cantinero" che ti scruterà da dietro il bancone. Quelli più commerciali e turistici, dagli interni lussuosi, come La Opera, a due passi dal Zocalo, famoso perché Pancho Villa ci entrò a cavallo sparando sul soffitto, oppure le locande ruspanti, vecchio stile, dove assisterai a una "rifa de pollos", un'estrazione in cui si vincono dei fumanti galletti arrosto, e ti troverai a bere allo stesso tavolo di un gruppo di clienti che, a dispetto delle facce losche, si riveleranno i migliori compagni di divertimento al mondo. L'insegnamento sarà sempre lo stesso: acciuffare le occasioni irripetibili della vita.
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