Quando arriva a Isla Negra, il villaggio di pescatori raccolto intorno alle scogliere lisce e brune del Pacifico che aveva eletto a sua dimora, Pablo Neruda, il poeta di ritorno dalle elezioni presidenziali del Cile, non vede l'ora di incontrarsi con la sua scrivania, con le conchiglie, i versi interrotti, le polene. Così racconta Antonio Skármeta nel suo "Il postino di Neruda", un romanzo d'amore lirico, di strazio dolce, che narra l'amicizia tra il celebre letterato e l'umile portalettere della borgata marinara. Rivuole la sua casa, sospesa tra l'Oceano e il vento. Un edificio di pietra e legno azzurro, un rifugio intimo, aperto alla voce del mondo che v’entra a folate d'onda, raccolto e stipato come uno stazzo pieno di memorie, conchiglie, sugheri e ferri, simile alla chiglia di una barca dove sono conservati cimeli del nostro grande andare per le strade della vita. Il Museo che oggi ospita ti farà sfogliare il suo ambiente odoroso, delicato e secco più degli arbusti che screziano la sabbia della spiaggia cui si accede mediante un giardinetto in pendio. Non noterai quasi trapasso tra l'interno e l'esterno, che vi si compenetrano in un vuoto arioso, mentre i tuoi passi daranno uno scalpiccio di terra smagrita dai millenni. Capirai i versi dell' "Ode al Mare" scritti dall’inquilino che elesse questo lembo di mondo a suo sepolcro eterno: "compagno oceano, non perdere tempo e acqua, non scuoterti tanto, aiutaci, siamo i piccoli pescatori, gli uomini della riva."
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