Quando ti sveglierai per iniziare il tuo safari per le praterie d'alta quota dello Zimbabwe sarà ancora notte. Un palpitare immenso di stelle su distese buie, qua e là mosse dalle forme ancora più scure degli alberi. Lo scenario è il medesimo di quello con cui si apre uno dei "Racconti Africani" di Doris Lessing, ambientati tra i grandiosi paesaggi dell'allora Rodhesia, dove tutto sbiadisce in una vastità sconfinata. Il protagonista è un giovane bianco, lo si capisce perché possiede un fucile, che si desta e s'avvia a una giornata di caccia nel "veld", l'altopiano selvaggio e maestoso dove scoprirà, nel volgere di una transizione celeste, il segreto duro, placabile, inebriante della vita. Seguirai i suoi passi, sul suolo prima umido e fresco, più tardi cocente. Un brivido chiaro, allargandosi via via, percorrerà la tua pelle e l'Oriente, finché non ti ritroverai come in un acquario immobile, in un mare d'oro solcato da lente nubi rosa. All'improvviso stormi d'uccelli si leveranno a cantare. Forse anche tu correrai nell'aria gelida, e nell'eco del tuo grido folle di entusiasmo coglierai un'implicita sintonia col mondo. L'adolescente non ebbe solo la rivelazione della meraviglia muta dell'essere nel suo pallido apparire aurorale, ma incontrò anche l'atroce mistero della morte, agonizzante nel corpo stremato di un'antilope. Un risveglio alla consapevolezza, che è verità e dolore. L'Africa ha il pregio di insegnare tutto in modo semplice, primitivo. Ti basterà un'alba.
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