L’immagine che più spesso ritroverai a proposito della California negli autori della Beat Generation, la grande stagione culturale che segnò una cesura fondamentale nelle arti americane, e mondiali, del 900, e che elesse la penisola bagnata dal Pacifico come propria terra promessa, è quella del confine estremo di un continente. Lì tutto finisce e tutto è permesso. Terminano convenzioni, norme, pregiudizi, codici etici, l’intera presunta superiorità della civiltà bianca, di matrice europea, imperante ad East, e si aprono possibilità nuove, spazi alternativi da riedificare, scompaginando le regole stesse della costruzione, magari tentandone una priva di qualsiasi fondamento. In “On the Road” leggerai numerose descrizioni di questa terra così miracolosa e solare, e in particolare della sua "capitale" trasgressiva, multietnica, ribollente, San Francisco. Qui Jack Kerouac si sente spesso elettrizzato e spaesato, si dà, insieme ai suoi compagni, alla folle spensieratezza della notte per poi assaporare il peso nudo della solitudine, del non riconoscersi in nulla e nessuno. Non sarà un caso, dunque, se a North Beach, cuore di quella stagione di geni maledetti e innovatori, oltre a Kerouac i vari Cassady, Ginsberg, Burroughs, Ferlinghetti, potrai visitare il “The Beat Museum”. Non una semplice collezione di memorie, ma un’esibizione in cui cimeli rari e frammenti di storia serviranno a rinnovare la sfida di una generazione che ha ancora molto da dire alla nostra insoddisfazione.
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