Gli autori della Beat Generation, nel loro sincretismo eclettico dalla cifra così americana, ricorrevano spesso a immagini e suggestioni tratte dai testi sacri delle religioni storiche, ivi compresa la Bibbia. Per seguirli in questo loro uso, potremmo dire che la dimensione che intendevano esplorare, scandagliare, nella quale perdersi al fine di giungere a un livello diverso di consapevolezza, è l'immensa confusione di lingue, linguaggi, culture succeduta al crollo della torre di Babele. Il caos intricato della storia. Non per dipanarlo, ma per complicarlo ancora di più e trovarvi il brivido della vita. Così Jack Kerouac, in "On the Road", aveva fame di esperienze, e quando si trovava a passeggiare con la piccola Terry, ragazza messicana appena conosciuta, lungo la South Main Street di Los Angeles, nonostante osservasse che questa a suo giudizio era la più brutale e deprimente città d'America, dove ci si trova stretti dalla morsa della solitudine ben più che nella fredda ma cameratesca New York, voleva lasciarsi trasportare dal vociare colorato di quella via, parlare con chiunque, conoscere tutti coloro che si aggiravano nella fiumana be-pop che fluttuava dalle birrerie. Chi? Quei poliziotti all’angolo, i musicisti jazz neri col pork pie al capo e il pizzetto lungo, i viandanti in cenci, i pastori metodisti e i santoni hindu, tutti diversi e accomunati dal brulichio della vita. Anche se oggi molto è cambiato, ti basterà chiudere gli occhi e lo ritroverai, immutato.
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